Il Presidente di Agripat, Matteo Todeschini, esprime soddisfazione per il lavoro svolto dalla Commissione paritetica della Borsa Patate, che nella seduta del 28 giugno ha definito i prezzi di campagna (0,30€/Kg) e del confezionato ( 0,80€/kg ).
“Ritengo che ci troviamo di fronte ad almeno tre elementi positivi – dice Todeschini – il primo dei quali è la tempestività, visto che i prezzi vengono fissati nell’imminenza delle prime scavature.
Il secondo risiede nell’entità dei prezzi, che a questi livelli attribuiscono un valore agli sforzi ed agli investimenti fatti dal comparto per garantire un’altissima qualità. Infine c’è l’unanimità con cui sono stati fissati i prezzi : un dettaglio non trascurabile, che pone sullo stesso versante le organizzazioni dei commercianti e le cooperative di produttori“.
“Agripat – continua Todeschini – crede nel modello definito dal Contratto Quadro Regionale, che tutela l’intera filiera e la qualità, riconoscendo una giusta valorizzazione a patate prodotte nel pieno rispetto di criteri quali tracciabilità, trasparenza, sicurezza alimentare e rispetto dei lavoratori e dell’ambiente.
Troppo spesso vediamo immettere sul mercato prodotto a prezzi ben inferiori alle quotazioni correnti, di provenienza non ben identificata, probabilmente residuale da produzioni che in un dato momento della stagione sono a “fine corsa”. Questo tipo di speculazioni andrebbe scoraggiato, perché procura danni all’intera filiera”.
In questi giorni, non è raro vedere in alcune insegne della GDO e DO nazionale, patate, dove addirittura l’etichettatura risulta poco chiara e incompleta: riferimenti generici alla qualità e alle destinazioni d’uso a cui non corrisponde alcuna indicazione dei disciplinari seguiti in fase di coltivazione, nessuna indicazione della varietà confezionata e della relativa zona di produzione (opzionale), per non parlare delle indicazioni approssimative riguardo il peso, evidenziando addirittura la possibilità che il peso netto del prodotto in vendita – si parla del peso che deve essere garantito al cliente – possa essere anche inferiore di un 2% rispetto a quello indicato sulla confezione e pagato dal cliente (vedi foto).

Non vi è dubbio che questo genere di indicazioni superficiali e incomplete, oltre a rendere complessa e “opaca” la ricostruzione della reale tracciabilità del prodotto, rischiano di trarre in inganno il consumatore circa il reale valore di ciò che sta acquistando.