Con il termine anglosassone “Southern blight”, causato dal fungo tellurico Sclerotium rolfsii, si intende una grave malattia che colpisce un grandissimo numero di specie vegetali di interesse agrario. Tra le piante ospiti vengono riconosciute ben oltre 500 specie tra cui: patata, pomodoro, peperone, arachide, melo, azalea, viburno, begonia, petunia e zinnia. Di solito il fungo attacca le parti basse del fusto, quindi la zona del colletto, vicino alla superficie del suolo. In alcune piante, spesso, si ha l’aggressione anche nelle radici. La malattia si trova praticamente sparsa in tutto il globo, ma, predomina nei climi caldi. Secondo l’USDA (United States Department of Agriculture), negli ultimi anni la malattia ha esercitato un maggior danno i colture come cotone, arachide, pomodoro e bietola da zucchero. Malgrado la ricerca su questo patogeno, il controllo risulta ancora essere un problema.
S. rolsfii infetta i semi, piante erbacee, piante arboree, e organi carnosi come frutti, tuberi o bulbi. Molto spesso questo fungo attacca la parte bassa del fusto vicino o sulla superficie del terreno, ma può anche infettare qualsiasi altre parte della pianta, quando le condizioni climatiche lo permettono. Il primo sintomo notato da parte degli agricoltori è l’appassimento. Le piante infette spesso decadono e muoiono rapidamente accompagnati da un marciume attorno al colletto.

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Infezioni sulla pianta di patata avvengono immediatamente sopra e sotto la superficie del suolo ed è caratterizzata dalla presenza di lesioni lungo il fusto piuttosto affondati, che sono inizialmente verde chiaro e diventano beige chiaro fino al bianco. A priori o in aggiunta a questi sintomi, il tessuto infetto è coperto da un tipico intreccio di ife a forma di ventaglio, assomigliando a delle piume di uccello. In condizione di siccità il micelio appena descritto scompare rapidamente. Molto caratteristica di questo fungo è la formazione elevata di piccoli sclerozi, che assomigliano ai semi di senape nella forma, dimensione e colore. Inizialmente essi sono bianchi e piccoli. Quando raggiungono la dimensione massima di 2-3 mm, essi virano verso il marrone chiaro e poi marrone. In condizione di umidità permanente, le ife si osservano sia sopra che sotto la superficie del terreno che tendono di filare da fusto a fusto e da pianta a pianta. Al’inizio le piante colpite appassiscono durante le ore più calde della giorno e riprendono durante la notte. Ad uno stadio avanzato della malattia, le foglie diventano clorotiche, diventando molto chiare, le lesioni accerchiano l’intero fusto basale, e alla fine la pianta muore. Anche i tuberi vengono colpiti. Per prima sono visibili delle lesioni alquanto affondate. Anche in questo caso si osserva la formazione di feltro a forma di ventaglio sul tubero, assieme alle ife bianche lanuginose e alla formazione di numerosi sclerozi. Il tessuto sottostante le lesioni disintegra e cambia da una consistenza semisolida iniziale fino ad un marciume soffice che viene ricoperto dagli sclerozi. Talvolta penetrano dei batteri all’interno dei tessuti già lesionati, provocando un odore acido.

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S. rolfsii produce, come già accennato, un abbondante micelio sulla parte colpita che si sviluppa all’incirca 3-4 giorni dopo l’infezione, quando le condizioni sono calde e umide. L’ifa principale è alquanto larga (5-9 micron in diametro) a confronto con altre specie fungine che hanno un diametro delle ife pari a 2-4 micron. L’ifa principale viene spesso descritto come ialina, ossia senza colore, di lieve spessore. Diametri inferiori (2-4 micron) di cellule di ife, denominate rami fagocitanti, penetrano all’interno del tessuto. Osservando a occhio nudo, la massa di ife appare bianca, e il folto e abbondate cellule di ife sarà abbondante abbastanza sui tessuti infetti per formare una pattina fungina bianca sui fusti più bassi e sulla superficie del suolo.
Sette giorni dopo l’infezione, le ife iniziano a formare gli sclerozi. Forme sferiche e tomentose iniziano a formarsi tramite un ammasso di ife o quando due ife si incrociano tra di loro. Gradualmente i copri diventano lisci e cambiano di colore passando dal bianco al color marrone chiaro fino anche al nero. Uno sclerozio maturo è costituito da una strato esterno e spesso (2-4 strati cellulari) che avvolge una corteccia formata dalla parete cellulare). All’interno lo sclerozio è formato da piccoli filamenti liberi di ife. Gli sclerozi di questo fungo raggiungono un diametro di 0.5-2 mm, ma in alcuni casi arrivano anche a 8-10 mm. Porzioni di ife possono fungere da inoculo, e il fungo stesso può passare l’inverno come micelio in piante infettate, detriti vegetali, o appunto come sclerozio. Quest’ultimi rimangono vitali per alcuni anni nel terreno, negli invasi delle piante oppure in detriti vegetali in zone con inverni miti. Secondo gli studi, si è visto che gli sclerozi di S. rolfsii sopravvivono ad una profondità tra i 15-30 cm. Il fungo non produce delle spore asessuate.
Nel 1926, la riproduzione sessuata di questo basidiomicete venne descritto per la prima volta in Giappone. L’attuale nome scientifico del teleomorfo (forma sessuata) è Athelia rolfsii. La forma sessuata non è comune a vedersi. Come in altri basidiomiceti, A. rolfsii produce una struttura denominata basidio nel quale avviene il fenomeno della meiosi. Quattro basidiospore aploide vengono prodotte sull’apice di una piccola struttura del basidio chiamata sterigma. Il fungo quindi produce basidi in uno strato non protetto, chiamato imenio, che si sviluppano in condizioni di umidità al margine delle lesioni. L’imenio appare come un area color bianco, giallo, con struttura granulare o incrostata, spesso accompagnata da uno sottile strato ceroso. Il basidio è di forma ovale con una punta leggermente più stretta rispetto all’altra , lunghi dai 7-9 micron e larghi 4-5 micron. A maturazione si distaccano con forza.

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In primavera, le ife spuntano dai tessuti già infetti e germinano sclerozi. Quando le ife entrano in contatto con organi alquanto suscettibili, ad esempio colletto, radice, frutti, tuberi o foglie, tramite una penetrazione diretta, ma l’infezione viene facilitata con la presenza di ferite. Tali infezioni avvengono se i tessuti sono aggredibili e se le condizioni di temperatura, umidità o altri fattori ambientali lo permettono. Le ife possono entrare per via intracellulare che intercellulare. Il fungo produce acido ossalico, poligalatturonasi e cellulasi, che causano la separazione e morte delle cellule del tessuto vegetativo. Entro 2-4 giorni dopo l’infezione, sintomi di marciume soffice sono di solito osservabili. Quando i strati più bassi del colletto sono invasi dal marciume, le foglie appassiscono e spesso la pianta muore.
Il ciclo secondario avviene quando le ife entrano in contatto con il nuovo tessuto vegetativo sano, favorito da temperature calde e condizioni umide durante la stagione vegetativa, diffondendo la malattia. Inoltre, la produzione continua di basidiospore non fa altro che proliferare la malattia per tutto il ciclo vegetativo delle piante. Una volta la basidiospora entra in contatto con la superficie della pianta, le spore si gonfiano e producono 1-3 tubetti germinativi. Ogni tubetto germinativo produce un appressorio (serve per aderire al substrato) che a sua volta è munito di un austorio che serve per la penetrazione interna.
Southern Blight è un problema nelle zone calde tropicali e subtropicali. La ricerca scientifica ha riportato che l’infezione fungina è maggiore quando la materia organica vecchia si trova disponibile attorno le piante suscettibili. Temperatura e umidità sono dei fattori molto importanti per lo scoppio e diffusione della malattia. Per la crescita delle ife occorrono un range di temperatura tra i 8-40 °C, ma la crescita ottimale e la produzione ottimale avviene tra i 27-35 °C. In aggiunta agli effetti termici, per la formazione delle ife e sclerozi è necessario un suolo satura d’acqua. A 27 °C su inoculo artificiale, il tasso di velocità di crescita è stato osservato di 0,8-0,9 mm per ora; gli sclerozi di formano dopo 5-7 giorni.

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Come la maggior parte dei funghi tellurici, esistono una serie di accorgimenti da mettere in atto tra cui: esclusione del patogena da una determinata area, rimozione di piante infette, rimozione di suolo infetto, trattamento al terreno, rotazione, uso di varietà resistenti. Si consiglia di acquistare, nel caso dei tuberi semi, materiale di propagazione sano e certificato. Inoltre non piantare in areali dove in precedenza si sono verificate grossi attacchi da parte di questo fungo. L’eliminazione delle piante infette è un altro aspetto importante per il controllo della malattia. S. rolfsii di solito causa danni nella parte del fusto, è una volta avvenuta l’infezione, la rimozione totale della pianta colpita riuslta necessario, affinché non si propaghi ulteriormente il micelio. Se le piante restano nel terreno, non sono altro che fonte di inoculo. Questo pratica si effettua di solito in appezzamenti piccoli, non in interi campi. E’ riportato che gli sclerozi vivono nel suolo per circa 3-4 anni. Talvolta delle rimozioni di parti di suolo possono essere utili per ridurre la carica di inoculo. Trattamenti nel suolo con il calore, ad esempio la solarizzazione, fungicidi o fumiganti, possono essere utili contro il patogeno. Studi condotti sulla fertilizzazione hanno mostrato che trattamenti con ammonio, nitrato di calcio, o solfato di calcio, hanno una certa efficacia contro il fungo. Un aumento di nitrato inibisce la germinazione degli sclerozi, o altera gli organismi del suolo.
Controllo biologici sono stati segnati con l’utilizzo di batteri, (Bacillus subtilis), attinomiceti, funghi micorizzici, o alcune specie fungine del genere Trichoderma. Molti studi sono stati condotti sono stati condotti da agenti biologici in laboratorio o serre, ma in campo gli risultati sono stati minori. A causa dell’alta polifagia del fungo, l’uso della rotazione è poco efficace. Il mais risulta essere una specie non ospite del S. rolsfsii. Se un campo infestato viene rotato con del mais, il livello di inoculo nel suolo si riduce e negli anni successivo l’incidenza della malattia è meno evidente.
Per concludere, il trattamento fitoaitrico è stato sperimentato applicando dei principi attivi validi contro vari funghi ad esempio azoxystrobin, flutolanin o tebuconazolo. Il PCNB (Pentacloronitrobenzene) è stato un fungicida che è stato applicato in passato per molti anni contro il S. rolsfii su molte colture agrarie,includendo la concia dei semi. Il prodotto si trova sottoforma granulare o liquida. Verso la fine degli anni novanta in Texas è stato scoperto degli inoculi resistenti a questo fungo, quindi l’apporto di questo principio attivo è stato notevolmente ridotto.

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Fonte: Southern blight, Southern stem blight, White mold, The Plant Health Instructor
Fonte: Potato diseases, pag 58-59

https://www.citteriopatate.it/wp-citterio/sclerotium-rolsfii/